La recensione 08/19

Nero d'inferno

Matteo Cavezzali

Mondadori Editore


Chi è stato Mario Buda? Un calzolaio che agli inizi del ‘900 emigra negli Stati Uniti alla ricerca di fortuna, che non troverà. Troverà invece Mike Boda...

Anarchico, arrabbiato e pronto a tutto, incattivito dalle ingiustizie nei confronti dei lavoratori da parte dei ricchi padroni, dalla condizione degli operai che si piegano a turni estenuanti non per vivere ma per sopravvivere, la cui vita vale il profitto perso a causa di una morte che è solo un numero in più in un conto che cresce.

Vive da vicino la condizione degli stranieri immigrati, perché Mike Boda è Mario Buda, sono la stessa persona. Neanche il nome gli lasciano, lo devono storpiare perché è difficile da pronunciare, in un ennesimo atto svilente nei confronti di un’intera comunità.

E allora se nessuno riesce a fare nulla per far sentire la voce del popolo, qualcuno deve prendersi carico di questa responsabilità, come un eroe, non fosse che l’eroe nella visione comune le vite le salva.

Ma è una guerra, non dichiarata, quando c’è chi spara e chi muore è guerra.

Tante vicende si incrociano in questa storia, c’è il razzismo, il proibizionismo, il grigio delle fabbriche, Sacco e Vanzetti. I quali fanno parte dello stesso gruppo di Mike e nell’aprile del 1920 vengono ingiustamente condannati per rapina e omicidio.

Che sia conseguenza o meno, i fatti dicono che il giorno 16 settembre 1920, per la prima volta nella storia assistiamo all’esplosione del prototipo di autobomba, tanto cara al terrorismo che conosciamo, brutale invenzione della creatività italiana. Qualcuno lo sapeva?

Non verrà mai condannato per questo fatto, tornerà in Italia, a Savignano sul Rubicone e continuerà a produrre scarpe, spesso utilizzando la sua tinta preferita, il nero d’inferno.

È bello questo libro ed è bravo Matteo Cavezzali perché scrive bene, non si può discutere, ci tiene incollati alle pagine che scorrono senza sosta e definirlo romanzo mi pare poco.

È un documento di un’epoca, di una società che a guardarla bene non è molto diversa dalla nostra. Noi in più abbiamo la colpa di non imparare mai dal passato e di credere che la storia non si ripeterà.

Invece si ripete e se leggerete il libro basterà cambiare qualche soggetto per scoprire un dettagliato resoconto di come ci stiamo comportando noi, adesso. Ci mette davanti ad uno specchio dove i personaggi sono il nostro riflesso e ci obbliga a chiederci se siamo migliori di quello che vediamo.

La risposta non è scontata.

Senza timore dico che questo libro dovrebbe essere letto da tutti, pur consapevole dei rischi che porta un testo del genere. Sicuramente potrà infiammare gli animi sensibili, ma se non ci fermiamo alla prima parte, in cui l’accento è posto sulla lotta di classe e l’ingiustizia, il rischio maggiore è quello di dare profondi spunti di riflessione. Tutto questo in una scrittura perfetta, semplice solo in apparenza.

Ed alla fine resta un grande dubbio, chi è il vero colpevole?  La verità di Buda dice “sono tutte menzogne”.