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Le interviste - D Editore

Il mestiere di pubblicare

Il mestiere di pubblicare Emmanuele Jonathan Pillia D Editore D Editore nasce nel 2016 per portare in Italia alcuni temi e alcuni libri che avevano difficoltà a penetrare, per mille motivi, nel mercato nazionale.


Lo sguardo di D Editore è rivolto al futuro, ai cambiamenti che il mondo ha subito nei secoli, ma anche all’arte e alla bellezza. Architettura, antropologia, sociologia, scienze sono alcuni dei temi che, in modo obliquo (spiegheremo in seguito), D Editore propone ai suoi lettori, e da un paio di anni anche la narrativa, con alcune importantissime riscoperte, ma anche con inediti di grande valore letterario. Grazie a loro abbiamo potuto conoscere e presentare ai lettori goriziani Douglas Anthony Cooper; a loro ci siamo molto affezionati; su di loro puntiamo molto nel presente e nel futuro!

Intervistiamo Emmanuele Jonathan Pilia, direttore editoriale.

Partirei dal nome della casa editrice, perché racchiude un concetto molto interessante, che dice molto riguardo al vostro approccio nei confronti dell’editoria e non solo: D Editore. “D” è l’iniziale di un cognome che molti italiani conoscono ma hanno dimenticato…

- È vero, è un cognome importante della nostra storia ma che eppure è stato dimenticato! D sta per De Leyva, meglio conosciuta dai bibliofili come “Monaca di Monza”! La figura storica della famosa monaca è molto diversa da quella che ci racconta Manzoni: suor Virginia era infatti un’antesignana del femminismo moderno, costantemente ribelle al destino che l’ha voluta essere celata dietro il velo monacale. Scienziata, artista, poetessa, filantropa, suor Virginia è una figura che ci ha ispirato non poco nei nostri primi passi.

D Editore è nata con uno spirito corsaro e innovatore, non solo per argomenti delle sue pubblicazioni, ma anche per il modo di inserirsi sul mercato. Voi siete stati un esempio virtuoso di crowdfunding. Puoi spiegare ai nostri lettori di che si tratta e perché è stato così importante?

- Be’, diciamo che questo approccio nasce dalle mie passate reincarnazioni: mi sono sempre occupato di crowdfunding legato a progetti creativi, già a partire dal 2010, e siamo nati con una campagna di crowdfunding. So che ci sono case editrici che nascondono il fatto di essere progetti di editoria a pagamento mascherandolo da progetto di crowdfunding, ma per noi l’approccio “crowd” è molto più profondo. Se vogliamo sintetizzare, la vita di un libro, come quella di un edificio, è divisa in quattro fasi: progettazione, realizzazione, apertura (che qui potrebbe essere la distribuzione) e uso (che in questo caso è la lettura). Questo vale per quasi ogni oggetto, ma focalizziamoci qui sui libri: l’approccio crowd (folla) interviene in ogni fase se noi riusciamo a coinvolgere i lettori in tutti gli step di questo processo. Come? Be’, ad esempio coinvolgendoli nelle fasi di progettazione del volume, chiedendo dei pareri su quello o quell’altro aspetto. Questo si può fare dopo aver creato una community forte che segue il tuo progetto e che crede in ciò che fai. Il crowdfunding diventa poi un’appendice per la produzione, e deve essere parte di uno scambio: tu aiuti me ad abbattere immediatamente dei costi (stampa, editor, ufficio stampa, eccetera) e noi in cambio ti diamo il libro in anteprima e pure scontato. Inizialmente era un processo necessario, dato che non abbiamo alle spalle famiglie che hanno finanziato il progetto, ma ora è diventato un modo per avvicinarci ai lettori con i quali teniamo un dialogo stretto. Per quanto riguarda distribuzione e lettura, anche qui interviene questa filosofia, che vede coinvolti i nostri lettori per organizzare eventi e incontri nelle loro città, città spesso fuori dai circuiti tradizionali dell’editoria (che sembra essere focalizzata in pochissime città) com’è successo poi nel nostro incontro a Gorizia grazie a Francesca Zanette, che ci ha aiutato tantissimo nell’organizzare il nostro tour nel nord Est!

In tutto questo, considerando anche il vostro attento studio del presente e del futuro, come si collocano le librerie? Quanto sono importanti per D Editore?

In un contesto di predominio delle piattaforme, dove vince chi può investire più denaro nella promozione del proprio progetto, le librerie sono gli ultimi avamposti di promozione alternativa e dal basso che rimangono. I tempi in cui internet era una frontiera in cui ognuno poteva creare il proprio spazio sono purtroppo finiti. C’è ancora un po’ di spazio per progetti emergenti, ma il traffico viene per lo più dirottato nei canali dei grossi player. Quindi sì: le librerie che fanno ricerca, curiose, attente, sono un patrimonio contro l’avanzare di un processo che tenta di appiattire tutto sul calcolo e sul marketing.

Anche voi, come diversi vostri colleghi giovani, ponete grande attenzione sui social network e andate costantemente alla ricerca di un linguaggio adatto a comunicare con i vostri lettori. Un’attività indispensabile e in costante evoluzione. Come chiederebbero gli anziani: non ruba tempo al lavoro? (O è a tutti gli effetti lavoro?)

- Intanto grazie per citare uno dei nostri libri, Cronofagia. Be’, sì: sono un furto di tempo continuo. Ma non vorrei essere scambiato per un luddista: come ogni innovazione sociale, reinventa i linguaggi, e per chi lavora con i linguaggi, sono anche una sfida stimolante. A noi diverte molto cercare di inventare nuovi modi per piegare gli strumenti dei social ai messaggi che vogliamo comunicare, quindi, be’, è anche un lavoro – o meglio: una parte importante del lavoro.

La sperimentazione è un po’ la vostra vocazione. Tu e i tuoi colleghi arrivate dall’architettura, dalla fotografia e dalla critica, ma non vi siete lasciati tentare da un facile incasellamento. Le vostre collane infatti si chiamano: Transarchitettura, NeoAntropologia, Nextopie. C’è una evidente volontà di andare a scandagliare quegli spazi interstiziali che nella società contemporanea si stanno ampliando rapidamente. Andiamo verso un crollo delle discipline? O forse ad una sovrapposizione di discipline difficile da comprendere (almeno finora)?

La tua è una bella domanda. Personalmente, credo che lo specialismo stia dimostrando negli ultimi decenni tutte le sue criticità. Penso al totale fallimento della divulgazione scientifica in occidente, che non si è lasciata ibridare dalle discipline umanistiche e che hanno lasciato così campo aperto ai complottismi più strambi. Dall’altra, il rischio che gli umanisti puri possano restare spaesati – e non capire – i cambiamenti tecnologici li porta spesso a restare spiazzati di fronte ai cambiamenti sociologici. Ovviamente la mia è una semplificazione, ma è vero che se siamo in un mondo di complessità irriducibile, dall’altra per poterci orientare è necessario creare ponti tra le discipline, e non barriere. Quest’idea guida le nostre scelte sia nella progettazione dei saggi che pubblichiamo, ma anche della nostra narrativa: tutte le storie che selezioniamo assieme a Valerio Valentini (il curatore della nostra narrativa) hanno come sfondo il voler parlare di temi, di argomenti estranei alla storia che si dipana nelle pagine stampate.

Vogliamo sottolineare come voi siate stati i primi a proporre un tema di cui poi, successivamente, si è parlato molto, e che continueremo ad affrontare nel prossimo futuro: la fine del lavoro. 

Be’, è un primato che forse è ingeneroso dire che sia nostro: se ne parla dai tempi di Marx. Però è vero che la rinascita di questo tema Riccardo Campa, uno dei nostri autori di punta, lo ha rielaborato in modo molto originale e interessante. Uno dei nostri libri più amati è proprio il suo La società degli automi, che da un’ottica molto pragmatica cerca di elaborare diversi scenari possibili che avremo una volta che la piena automazione spazzerà via gran parte dei lavori, elaborando diverse “contromosse” per non venire schiacciati da quest’onda che verrà.

D Editore è una casa editrice “militante”, che non significa “schierata”… Pensiamo ad alcuni dei vostri titoli più rappresentativi: “Cronofagia”, “Ufociclismo”, “La società degli automi”… è una definizione che ti piace o stiamo sbagliando strada?

Non state sbagliando strada, al contrario: ne facciamo una bandiera! Il mondo sta cambiando a una velocità impressionante, e se è vero che questi cambiamenti sono spesso portatori di benessere, è pur vero che il contesto socioeconomico attuale rischia di trasformare la modernità in un incubo tecnologico dove la scarsità di beni e servizi viene creata artificialmente per estrarre valore dai disagi che ognuno di noi vive. Per noi, cercare un approccio trasversale ai problemi equivale a disvelare le minacce contro cui andiamo incontro, o in cui siamo immersi. Pensiamo al tema dei big data, che è diventato lo strumento con cui le destre del mondo intero stanno avanzando. Ne parla Daniele Gambetta nel suo Datacrazia: attraverso algoritmi raffinatissimi, è possibile orientare scelte e guidare le pulsioni di milioni di individui verso questa o quella direzione, guida che poi si trasforma in acquisti o preferenze elettorali. Il famoso algoritmo “La Bestia” usato da Salvini ne è solo un esempio, ma possiamo citare anche il più noto caso Cambridge Analytica per avere la cartina tornasole della portata globale di questo fenomeno.

Quello dei big data è solo un esempio, potremmo citare il tema del Climate Change, che abbiamo affrontato in Lezioni dalle fine del Mondo e torneremo ad affrontare presto con tre volumi (visto che ci piacciono i neologismi, già anticipiamo che uno sarà di Davide Mazzocco e si intitolerà Geomanzia e il secondo sarà di John P. Clark e si intitolerà Necrocene) e che ci sta molto a cuore, o il tema dell’estrazione di tempo da parte di piattaforme e burocrazia, tema affrontato in Cronofagia.

Poi è arrivata la narrativa, il momento che ci ha fatto ulteriormente innamorare di voi! Esordire con “Il primo Dio” di Emanuel Carnevali, che mancava ormai da anni nel mercato italiano, e con “Ritorno ad Harlem” di Claude McKay, uno dei maestri della Harlem Renaissance ci ha fatto capire che facevate sul serio. Poi è arrivato, Hamlin Garland, uno degli innovatori della letteratura americana, autore fondamentale per capire tanta narrativa a stelle e strisce successiva; Mattheu Shiel che a inizio 900 già parlava di devastazioni ecologiche. Cosa significa pubblicare narrativa per D Editore? 

Be’, questo è merito soprattutto di Valerio Valentini, che ha abbracciato la nostra causa inventandosi la sua collana Strade Maestre! L’idea è semplice: andare a cercare e scovare quelli che sono stati i pionieri disconosciuti del nostro tempo, chi ha inventato il lessico della contemporaneità diventandone artefice a sua volta. Penso a Garland, che oltre a essere un innovatore è stato uno dei primi attivisti per i diritti delle donne del suo tempo, supportando il movimento delle suffragette e aprendo le porte a collaborazioni artistiche per dar visibilità alle scrittrici del Midwest. Proprio su questo tema, il prossimo libro della collana Strade Maestre sarà incentrato proprio sulle attrici di questo ribollire letterario che è rimasto a lungo sottaciuto: sulla fine del secolo, decine di scrittrici ci hanno restituito un’America diversa da quella a cui siamo abituati a pensare se volgiamo lo sguardo verso la frontiera. Il libro si chiamerà Pioniere, e raccoglierà diversi racconti di autrici statunitensi che testimonieranno con la loro penna un mondo a noi alieno, eppure così vivo…

Ma non vi siete accontentati e avete deciso di aggiungere scrittori contemporanei. Valerio Valentini (che è anche curatore di collana), autore di una serie di magnifici racconti, e Douglas Anthony Cooper, che qui a Gorizia è diventato un punto di riferimento nei dialoghi con i clienti, autore che riteniamo necessario. Quasi a voler dire “Ehi, il contemporaneo non è mica sempre da buttare!”

Be’, per noi l’attualità di una storia non deriva dalla data in cui è stata scritta, per cui è stato un passo logico aprire una seconda collana di narrativa dedicata alla letteratura contemporanea! Diciamo che non lo abbiamo fatto prima solo per motivi logistici! Tra l’altro, è una collana che ha tantissima carne al fuoco: a breve uscirà Ci sono molti modi, il prossimo libro di Valerio Valentini, il suo primo romanzo, incentrato sul tema della morte e dell’anedonia del vivere contemporaneo. Valentini incentra spesso le sue storie in provincia, quel luogo che è la periferia della periferia, zone in cui la ripetizione di giorni sempre uguali a sé stessi crea un orizzonte piatto e ogni progettualità si arena nelle sabbie mobili dell’immobilismo. La provincia è il luogo dove viene riversato tutto ciò che la gentrificazione fa fluire via dalle città, e, come percolato, queste vite rimangono impregnate in territori privati delle proprie specificità.

Sappiamo che molto sta bollendo in pentola… non so quanto posso svelare delle prossime uscite di D Editore, per cui ti passo la palla.

Be’, oltre ai già citati Ci sono molti modi, Pioniere e Geomanzia (in uscita tra la fine gennaio e aprile), ti racconto di altre tre prossime uscite. La prima è Liquami, di Dale Peck. Liquami rappresenta il ritorno al romanzo di Dale Peck, in Italia tradotto da Feltrinelli, ed è un autore che noi adoriamo: di un’eleganza sopraffina, sa essere ruvido e forte come un cazzotto in pieno volto. È difficile parlare di questo libro in termini assoluti, ma possiamo riassumerlo così: Liquami racconta la scoperta della propria sessualità di un giovane ragazzo omosessuale che vive in una comunità di artisti, nel sud degli Stati Uniti. Un’esplorazione per certi versi dura e sgarbata, ma Dale Peck ci ha abituati a mostrarci alcuni aspetti del mondo LGBT senza veli e non potevamo chiedere di meglio da lui! Il secondo libro di cui vi accenniamo è ANARCOCCULTISMO, testo iconico di Elisa Lagalisse, storica delle idee canadese che porta in questo libello un tema davvero affascinante: possiamo rintracciare le radici anarchiche e liberali nella storia dell’occultismo? Questo testo sembra quasi un’alchimia in cui teorie femministe, esoterismo e socialismo si mescolano insieme in una pozione micidiale! C’è poi DISAGIOTOPIA, curato da Florencia Andreola, che segna il ritorno (dopo una piccola pausa) della collana Eschaton curata da Raffaele Alberto Ventura. DISAGIOTOPIA affronta il tema della crisi della città da un punto di vista sociologico ed economico, in cui emergono tutti gli aspetti che hanno reso la città contemporanea un luogo pericoloso e ostile, in cui gentrificazione e meccanismi oppressivi trasformano la città una prigione di cemento.

Ultima cosa prima di salutarci: “I racconti ritrovati” di Carnevali, uscito da poco, è un lavoro importantissimo e noi ne siamo davvero ammirati. Speriamo riceva l’attenzione che merita! E’ stato difficile reperire il materiale e dargli un’organizzazione razionale?

Be’, sì, è stata una ricerca appassionante ma difficile! Emanuel Carnevali è stato uno degli autori meno valorizzati dal tempo, un po’ perché la maggior parte della sua produzione è stata appaltata da riviste che hanno usato stralci dei suoi scritti per confezionare arbitrariamente degli articoli (non a caso, lacerti dei suoi articoli si trovano nei suoi due scritti più noti, Il primo Dio e Autobiografia di Emanuel Carnevali). Carnevali era malato, e i suoi amici scrittori ed editori, per far conoscere la sua opera e per poter trovare denaro per potersi curare, pubblicavano ben volentieri i suoi pezzi (che fossero racconti, recensioni, testi critici o poesie poco importava). Quindi, dopo un periodo di ricerca, il difficile è stato riuscire a ricucire questi lacerti di testo per inseguire la volontà dell’autore, che purtroppo non può più parlarci. Speriamo che il risultato renda merito a quello che noi consideriamo un gigante della letteratura del ‘900!

Nel 2020 siamo già d’accordo che ci vedremo qui a Gorizia, vogliamo far conoscere D Editore di persona ai nostri clienti-amici-simpatizzanti, a tutti! Ora ci salutiamo con il nostro rito: di’ qualcosa ai nostri lettori, utile inutile non importa, quello che ti passa per la testa!

Quando paghiamo qualcosa, lo facciamo pagando con il nostro tempo: facciamo in modo che ne sia valsa la pena!