Quando qualcuno mi domanda se leggere ha ancora un senso rispondo subito di sì, anche se mi piacerebbe dibattere a lungo su questo tema, ma spesso non ho voglia di farlo perché molte volte mi sembra di essere davvero Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento (per rimanere in tema di libri) e i mulini a vento non sempre sono le persone che non leggono, anzi. Spesso il nemico è proprio una parte dei cosiddetti intellettuali che dall'alto delle loro conoscenze sminuiscono tutto ciò che non fa parte della loro ipertrofica cerchia.
Noi lettori plebei, che abbiamo anche gusti popolari, siamo spesso costretti a nasconderci come fuorilegge solo perché ci piace un libro di King che, poveretto, ora è stato sdoganato dagli stessi che fino a qualche tempo fa volevano la sua testa, reo di essere prolifico e di vendere tanto, due peccati mortali per una fetta del mondo letterario. Nonostante la stessa cosa sia capitata anche a un certo Dante che spesso elogiano senza capirne la vera essenza. D'altronde lui ha scritto in volgare come certi atteggiamenti superficiali con cui si sminuiscono i libri che non fanno parte dell'élite.
Certo un libro non ha l'immediatezza di un film o di una serie tv, bisogna sforzarsi di più. Si usano più energie perché è la mente attraverso la vista a creare l'immagine. Diciamo che leggere è più complesso, ma - per la stessa ragione - anche più intrigante e affascinante. La domanda iniziale era: ha ancora senso leggere?
Per rispondete userò una storia. Avevo tredici anni ed ero con mia zia alla stazione dei treni di Roma. Era agosto. Uno di quelli in cui faceva un caldo insopportabile e vivere significava sudare. Dovevamo andare a Taormina e aspettavamo un treno che sembrava non arrivare mai.
Mia zia vedendomi annoiato (ai tempi non c'erano cellulari e affini) andò a comprare un libro e tornò con "Il bar sotto il mare" di Stefano Benni. Guardai il libro con sufficienza. I libri mi ricordavano la scuola, ma era estate e quindi la scuola era una cosa da dimenticare. Iniziai a leggerlo perché davvero il tempo sembrava immobile e non c'era niente di bello da fare. In realtà non c'era neppure nulla di brutto. C'era solo un vuoto cosmico lungo un'eternità.
Ricordo ancora gli odori e i rumori di quel giorno ormai così lontano, perché fu la prima volta che mi divertivo leggendo, con uno strano pudore, come se fossi colpevole di qualcosa. Divoravo ogni pagina con la fame di chi era a digiuno da sempre. Conservo ancora quel libro, rovinato e ingiallito dagli oltre venticinque anni di usura (l'ho riletto di nuovo due settimane fa).
Quel giorno nacque il mio amore per la lettura e, di conseguenza, anche per la scrittura e da allora non mi sono più fermato. Ricordo anche che arrivato a Taormina in un bellissimo albergo a strapiombo sul mare, presi carta e penna e scrissi una storiella, poi mi fermai quando scoprì come accedere al canale per soli adulti che vedevo quando mia zia, che lavorava a teatro, andava a seguire le prove.
In quella compagnia c'era anche Flavio Bucci che conobbi una sera d'estate dietro le quinte del meraviglioso Teatro Antico di Taormina. Fu un'estate stupenda, un po' meno per mia zia quando pagò il conto della camera a cui erano stati addebitati tutti i film porno che avevo visto.
Ed erano tanti.
Eppure durante quell'estate piena di scoperta ho capito che leggere non solo ha senso, ma è anche terribilmente bello.
Claudio Marinaccio