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Fenomenologia di un Long Seller

Appunti 04/19

Fenomenologia di un Long Seller Vita, morte e rinascita di un libro Il Long Seller! Animale mitologico dal nome altisonante e anglofono; libro che occupa spazi strategici all'interno della libreria; versatile, indispensabile, apprezzato da tutti...


I frequentatori delle librerie stentano a capire fino in fondo la sua natura (“sto maledetto vizio di usare termini difficili solo per darsi un tono”), ma soprattutto non si rendono conto di quanto i librai ne abbiano bisogno!

Persone con i dubbi, clienti difficili, individui che devono regalare un libro a qualcuno che non conoscono così bene, o ancora peggio, che “legge di tutto” (tutto tutto? Siete sicuri? Guardate che vi consigliamo la “Critica della ragion pura” e il romanzo più sentimentale che abbiamo in libreria per la stessa persona eh! O il nuovo capolavoro del nostro vicino di casa!), e lui, il Long Seller è lì, come un  amico sempre presente nei momenti difficili. Ti chiama, ti tira la maglia, luccica al momento giusto... e il libraio a quel punto vorrebbe essere Max Pezzali per dedicargli una canzone.

Il Long Seller è un essere strano la cui vita non è sempre prevedibile: non si sa quando nasca, non si sa QUANDO ma soprattutto SE muoia. A volte sembra spegnersi ma poi miracolosamente si riprende, a volte scompare per un po', sei tentato di erigere un monumento in sua memoria e invece... tadaaa!! Ritorna con un vestito nuovo di zecca!

Ora vi racconteremo la strana storia di un Long Seller cui siamo particolarmente affezionati; un libro-rifugio che ci ha dato e continua a regalarci grandi soddisfazioni.

Correva l’anno 2002 quando un ispirato Spike Lee girò “La 25a ora”, film tosto, coinvolgente, interpretato magnificamente da tre grandi attori come Edward Norton, Barry Pepper e Philip Seymour Hoffman; film di cui mi innamorai e ben presto entrò a far parte della mia personale scorta di “lungometraggi annuali”, quelli che vuoi vedere almeno una volta all’anno, che metti su nelle uggiose serate di solitudine e che si abbinano alla birra meglio addirittura della pizza.

Passano gli anni, scorrono le visioni, il film invecchia molto bene, anzi decide di non invecchiare affatto. Ad invecchiare sono io, e gli anni si portano appresso nuove abitudini (manie?) tra cui quella di guardare i film con tutti (ma proprio tutti) i titoli di coda. E quando ri-tocca a “La 25a ora” leggo: sceneggiatore David Benioff, basato sul suo omonimo romanzo. E’ un attimo andare in libreria (non ci lavoro ancora) e ordinarlo! E’ un attimo che la libreria te lo procuri ed è un attimo anche leggerlo: ottimo noir dal ritmo incalzante, i dialoghi secchi e duri come bastonate, le atmosfere perfette per il genere. E il film gli somiglia davvero molto.

Passano ancora degli anni, il libro e il film continuano a non invecchiare… noi si. Capita che un giorno in libreria (ora ci lavoro) si parli di film con una cliente appassionata, e salta fuori anche la prodezza del buon Spike Lee. E’ un attimo che mi fiondi al computer a ordinare il libro di David Benioff, ed è un attimo che nel database, a nome suo, veda un altro titolo, originariamente pubblicato da Neri Pozza, successivamente stampato da quel grande contenitore di fantastici tascabili che è la casa editrice Beat: “La città dei ladri”. Che si fa, si ordina anche se è un titolo vecchio? Certo! Dopo un paio di giorni arriva. Il primo giudizio è di ordine prettamente estetico: bella copertina! Disegno minimale di un gelido paesaggio innevato, due alberi striminziti e spogli, due personaggi, uno che sembra indossare una divisa russa, di schiena che camminano dietro ad una remota gallina (si, proprio una gallina) che si staglia a fatica sullo sfondo nero. E la curiosità comincia a scalciare come un cavallo al Palio di Siena. Arrivo a casa, la serata è uggiosa ma non mi va proprio di accendere tv e lettore; mi vanno solo “La città dei ladri” e la birra. Dopo le prime pagine la curiosità trotta, e dopo pochi minuti galoppa. Il romanzo ha tutti gli ingredienti per essere, come diciamo in libreria, trasversale, il ché significa che può piacere ad un’ampia gamma di clienti. 

C’è la storia: siamo nel 1941 nel pieno svolgimento della Seconda Guerra Mondiale.

C’è la geografia: Russia, Leningrado assediata dai nazisti, spoglia, spettrale, gelida.

C’è una trama pirotecnica: due giovani ragazzi russi hanno combinato delle sciocchezze, sono stati beccati dall’esercito e per legge dovrebbero essere fucilati. Un colonnello concede loro la possibilità di evitare la morte. Come? Devono recuperare 12 uova per la torta nuziale della figlia che ha deciso di sposarsi, nonostante ci sia la guerra, nonostante non ci sia nemmeno il pane per sfamare la popolazione, nonostante non si vedano delle dannate galline almeno da un paio di anni.

Ci sono due protagonisti irresistibili: il diciasettenne Lev, cupo, scontroso e introverso, e il ventenne Kolja, energico, inarrestabile, logorroico.

C’è il prezzo: è un tascabile e costa davvero poco.

Il libro non lo mollo finché non è finito, in barba alle occhiaie, che tanto, invecchiando, di certo non se ne andranno. Mi piace davvero molto perché mi insegna diverse cose, mi diverte tantissimo, mi appassiona e mi spinge ad affezionarmi ai suoi personaggi. Mentre lo leggo riesco anche a vederlo (e non c'entra la birra, forse...), tant’è che mi chiedo come mai nessuno abbia ancora pensato di trasporlo al cinema! 

L’indomani vado al lavoro, per prima cosa ne ordino altre copie, successivamente esorto i miei collegi a leggerlo. E visto che loro sanno quanto io rischi di diventare pesante e ripetitivo, accettano subito il consiglio. Piace a tutti, tutti trovano motivi di interesse, tutti, citando qualche scena o qualche dialogo, lasciano affiorare sul volto un sorriso divertito. Magnifico, così si fa squadra! Adesso manca la parte più importante: il responso del pubblico, la giuria popolare, il cui voto resta decisivo per Miss Italia, Sanremo e le librerie…

Cominciamo a proporlo (eufemismo) ad alcuni dei clienti cui siamo più affezionati, tanto da poterli definire amici: sappiamo che lo compreranno, lo leggeranno subito e ci daranno un commento onesto e senza censure. Dopo un paio di giorni arrivano i primi responsi, ed è un successo! Kolja e Lev fanno breccia; di più, fanno ridere e commuovere. C'è entusiasmo, e con una tronfia sicumera cominciamo a proporlo anche a clienti, come dire, più istituzionali; un successo anche in questo caso: dal giovane al meno giovane, dal filosofo allo storico, dal lettore occasionale al cecchino seriale. Tutti (o quasi, ma il quasi in questo caso è davvero esiguo) ne rimangono soddisfatti, divertiti, affascinati. E allora via! Anche a quelli che “leggono di tutto”, anche a quelli che “non conosciamo così bene”, anche a chi non conosciamo affatto! Ormai il meccanismo è partito, non abbiamo più inibizioni, ma dirò di più, come per magia il libro si vende da solo, nel senso che non dobbiamo più nemmeno proporlo perché le persone lo vedono, lo sfogliano e lo comprano. E' come se “La città dei ladri”, a forza di essere amato, abbia acquisito un profumo inebriante, irresistibile, contagioso, e abbia deciso di mettersi in proprio. Oggi, a distanza ormai di anni, possiamo definirlo senza esitazioni, un “LONG SELLER”, e che po' po' di long seller!

La ciliegina sulla torta arriva poi inaspettata, e ha le sembianze di una professoressa di liceo:

“Sapete che quest'anno, come lettura estiva, ho dato da leggere ai miei studenti “La città dei ladri” e i risultati sono stati ottimi?”

“Davvero?”

“Mai visto dei ragazzi così entusiasti per una lettura estiva”

E noi ci sentiamo fieri come se il romanzo l'avessimo scritto noi... grazie prof, grazie studenti, grazie clienti-amici, grazie clienti-più-istituzionali, grazie David, grazie Spike, e soprattutto: grazie birra!